L’IVASS ha condotto un’indagine per analizzare i rischi da catastrofi naturali connessi ad eventi di natura climatica ed eventi sismici e i rischi di sostenibilità del settore assicurativo.
Hanno fornito i dati 94 imprese del settore assicurativo che rappresentano la quasi totalità degli investimenti e delle attività di sottoscrizione dei rischi climatici del settore assicurativo italiano. Di queste, 51 imprese che operano nel business danni – con raccolta assicurativa a copertura di rischi climatici e da terremoto – hanno fornito informazioni sulle strategie e pratiche di sottoscrizione e sulle valutazioni d’impatto dei rischi climatici.
La quasi totalità (il 78%) ha riportato di aver già adottato strategie di investimento o di sottoscrizione di rischi che tengono conto dei fattori e dei rischi ambientali, sociali e di governance (ESG); il restante 13% ha segnalato di averne pianificato l’adozione. Le compagnie che non hanno ancora adottato iniziative al riguardo sono per lo più di piccole dimensioni e specializzate in specifiche aree di business.
Il rischio climatico è considerato significativo (“material”) dal 70 – 80% delle imprese che esercitano le aree di attività danni e che hanno in portafoglio coperture dei rischi climatici.
Il rischio climatico legato al portafoglio investimenti del settore assicurativo vita e danni è stato valutato come non significativo (“non materiale”) dalla maggioranza del mercato (56% in termini di numero e di quota di investimenti totali del mercato).
Sottoscrizione dei rischi
A fine 2021, la raccolta premi per la copertura dai rischi climatici (2,1 miliardi di euro), era pari al 5,6% del totale danni di settore; la raccolta premi a copertura del rischio sismico (0,4 miliardi di euro) è in crescita (+25%) rispetto al biennio 2019 – 2020.
Il 58% della raccolta premi a copertura dei rischi climatici è generato dal rischio grandine (1,2 miliardi di euro) per il quale le compagnie registrano il combined ratio più elevato (125%). A seguire tempeste (619 milioni di euro, pari al 30% dei premi climatici complessivi) e inondazione (261 milioni di euro, pari al 13%).
Le linee di business dove si concentra la quasi totalità della produzione assicurativa per i rischi naturali sono due, le “assicurazioni incendio e altri danni ai beni” e “altre assicurazioni danni”.
A fronte di una raccolta assicurativa stabile nel triennio 2019 – 2021, gli oneri per i sinistri causati da rischi climatici sono aumentati del 28% circa raggiungendo 1,6 miliardi di euro. Le compagnie prevedono un incremento dell’attività di sottoscrizione nel quinquennio 2022 – 2026 accompagnata da un probabile incremento delle tariffe per effetto di un inasprimento degli impatti (in termini di sinistri e spese di liquidazione) da eventi climatici estremi sul territorio nazionale.
Le compagnie utilizzano la riassicurazione per le coperture contro i rischi climatici in misura superiore a quanto fanno per il complesso dei rami danni.
I contratti assicurativi a copertura dei rischi climatici presentano una durata annuale per oltre il 50% delle imprese. Oltre il 10% ha indicato una durata compresa tra i 5 – 10 anni e circa il 25% oltre i 10 anni.
Nel decennio 2012 – 2021 l’impatto dei rischi climatici sul portafoglio assicurativo, in termini di perdite assicurate, è stato giudicato significativo da circa un terzo del mercato; per i prossimi 5 – 10 anni attese ulteriori perdite per effetto dell’intensificarsi della frequenza e degli impatti degli eventi.
Dashboard sul divario di protezione assicurativo
Questo strumento di analisi fornisce:
- una mappa del gap di protezione assicurativa riguardo a 5 rischi di catastrofe naturale: alluvione (fluviale e pluviale), inondazione costiera, incendio boschivo, tempesta, terremoto
- una visione dell’esposizione ai rischi fisici dei 30 Paesi dello Spazio Economico Europe o (SEE)
- informazioni sui sistemi assicurativi nazionali e i limiti contrattuali (franchigie e massimali) medi.
Dall’analisi dei dati emerge che Italia e Grecia presentano il più alto gap di protezione (esposizione ai rischi elevata e scarsa penetrazione assicurativa) tenuto conto delle perdite economiche registrate e dell’esposizione attuale al rischio di catastrofi naturali (in termini di frequenza, esposizione e vulnerabilità).